Tra le principali patologie odontoiatriche ci sono le carie ai denti, i cui tessuti duri vengono distrutti durante tale processo. Una carie viene causata dall’azione dei batteri presenti all’interno della bocca, situati nella placca e nel tartaro, dove tra l’altro si riproducono per poi complicare maggiormente la situazione. I denti maggiormente colpiti sono i molari, i premolari e infine gli incisivi superiori, mentre passando alle zone interne alla bocca, a subire i danni delle carie sono solitamente gli spazi interdentali, per via della difficile rimozione dei residui di cibo.

A causa della sua posizione, difficile da raggiungere con lo spazzolino, il dente del giudizio è tra i più esposti alla formazione di carie e dato che per risolvere o prevenire un problema di questo tipo la soluzione migliore è l’intervento chirurgico – al riguardo segnaliamo che su Excellencedentalnetwork.com è possibile trovare chiarimenti sul dolore per la rimozione dei denti del giudizio – nella maggior parte dei casi i dentisti suggeriscono di percorrere questa strada. Non tutti conoscono però gli sviluppi legati ad un dente cariato, e molte volte si evita di andare dal dentista per una questione d’imbarazzo (cattiva igiene, si pensa) o perché non si dà il giusto peso al problema. Ma quando effettivamente un dente cariato si può salvare? E quando no? Di seguito un approfondimento a riguardo.

In cosa consiste il processo di una carie

Il cosiddetto processo carioso ha inizio nel momento in cui gli acidi prodotti dai batteri prima menzionati colpiscono lo smalto dei denti, indebolendo a tal punto da bucare la barriera. Una caria, infatti, può arrivare sia alla dentina che ai vasi e alle terminazioni nervose presenti nella radice di un dente. Una mancanza di cura, dunque, può portare a gravi complicazioni. Un dente in salute potrebbe ben presto trovarsi vittima di una parodontite apicale, di ascessi o cisti. Tuttavia, c’è tempo per porvi rimedio: il processo carioso impiega oltre 6 mesi per completare il suo pericoloso circolo. Dunque, al netto di ciò che si pensa generalmente, non sono solo le gengive a dare problemi, ma anche i denti.

La cura per una carie: quando si può salvare un dente cariato e quando no

Molto spesso ci si interroga su di un dente cariato, poiché bisogna osservarne le condizioni e stabilire se si può salvare o meno. In primo luogo, si raccomanda un’accurata prevenzione, la quale consiste nel preservare una corretta igiene dentale, pulendo per bene ciascuna zona interna alla bocca e relativa ai denti. Anche l’alimentazione fa la sua parte, e quindi mangiare equilibrato aiuta a ridurre le possibilità di essere attaccati da una carie. In caso contrario, è preferibile far controllare ad un dentista la situazione, così da prendere eventualmente i giusti provvedimenti. Un dente cariato può essere salvato fin quando il proprio medico può intervenire con l’otturazione delle fessure aperte dai batteri, altrimenti, qualora il processo carioso abbia già superato la dentina, diventa obbligatorio devitalizzare il dente o i denti in questione.

Eliminare una caria senza otturazione

Esistono delle tecniche alternative per poter curare la carie senza per forza ricorrere all’otturazione. Ad esempio, la prep start è un particolare processo basato sull’utilizzo di uno strumento in grado di emettere biossido di alluminio, ovvero un minerale che avvalendosi dell’energia cinetica riesce ad abradere il tessuto cariato del dente. Tuttavia, per mettere in atto la suddetta tecnica è necessario essere abili nel calibrare il getto unicamente sul tessuto colpito dalla carie, e non anche su quello sano. Esiste da poco una nuova tecnica, denominata Electrically Accelerated and Enhanced Remineralisation (EAER). Essa consiste nella stimolazione della riparazione del tessuto danneggiato grazie ad un processo di accelerazione; il movimento naturale di calcio e fosfato interno ad un dente, viene reso più rapido per consentire il ripristino.

Di Roberto Rinaldo

Trascorro il mio tempo nel mondo delle parole e vivo per la comprensione.