Tra gli oggetti che da sempre sono icona di stile e di vintage c’è sicuramente la macchina istantanea Polaroid. Un oggetto che, negli ultimi anni, ha un valore soprattutto estetico (anche se ne esistono di modelli nuovi), ma di cui in pochi ne conoscono la storia.

La storia della Polaroid

L’azienda Polaroid vede la luce nel 1937 grazie all’americano Edwin Herbert Land. 

Land era un inventore, oltre che uomo d’affari, che aveva dedicato buona parte della sua esistenza allo studio tanto che, ad esempio, è secondo solo a Edison per quello che riguarda il numero di brevetti depositati durante la sua vita. Buona parte dei suoi studi e dei suoi progetti avevano come oggetto principale la luce. Non a caso la Polaroid si occupava, inizialmente, della produzione di filtri e di lenti polarizzate. 

Dietro alla progettazione e all’invenzione della macchina fotografica istantanea della Polaroid c’è quello che sarebbe stato un capriccio della figlia di Land. Infatti, a quanto pare, padre e figlia durante una passeggiata decisero di scattare una fotografia e la figlia impaziente chiese al padre di poterla vedere immediatamente: da questo episodio sarebbe nata l’idea della creazione della macchina istantanea.

Nel 1948, un anno dopo dall’episodio descritto, Land depositò quello che era il brevetto della prima macchina fotografica istantanea.

Come funzionava la prima Polaroid

All’interno della fotocamera erano presenti dei piccoli fogli fotosensibili, coperti da una pellicola impregnata da una sostanza reagente.  Una volta impressionata, la si tirava fuori manualmente dalla fotocamera ed in 60 secondi veniva separata dal foglio contenente il reagente. In pochi minuti la fotografia era pronta, a portata di mano. Le prime fotografie erano in bianco e nero e col tempo vennero realizzate diversi tipi di pellicole e di macchine con caratteristiche sempre diverse. Solo nel 1963, proprio nel momento di maggior successo della Polaroid, venne brevettata la prima pellicola a colori e da quel momento iniziò la leggenda di questa macchina istantanea che dura ancora tutt’oggi.

Gli anni ’80 e il digitale

Con l’arrivo degli anni ’80 la Polaroid iniziò a proporre nuovi modelli per restare sulla cresta dell’onda, rinnovando frequentemente la sua collezione di macchine istantanee. I veri problemi arrivarono con l’avvento del digitale negli anni 2000 con la conseguente, ma inevitabile, bancarotta che portò allo stop della produzione di pellicole e, nel 2008, alla cessione del marchio.

Un gruppo di tecnici e di ingegneri, nel 2010, decisero di riacquistare il marchio per farlo rinascere e rilanciarlo sul mercato attraverso le ultime tecnologie digitali.

Un’icona senza tempo

Nel corso degli anni, sono in molti ad aver scattato Polaroid. Non si parla solo di persone che vivono la fotografia come un hobby, ma anche di professionisti che hanno saputo raggiungere grandi risultati con un mezzo che è, all’apparenza, limitato.

Tra i tanti, Philippe Halsman, che ha assistito alle riprese del film The Birds di Hitchcock, e ne ha approfittato per rubare degli scatti. Ma anche il ben più famoso Andy Warhol, che utilizza spesso questo mezzo per auto-ritrarsi e non solo. Oppure Ton Huijibers, che in una delle sue opere più famose ci regala una luna spezzata su quattro Polaroid in sequenza, intrappolata e sospesa tra cielo e pellicola.

In tempi recenti, abbiamo assistito ad un rilancio della fotografia analogica in generale, e di quella istantanea in particolare.
Forse perché risponde all’esigenza moderna del tutto e subito, forse perché in tempi così bui, come è sempre stato, cerchiamo di recuperare un passato che ci appare, nella sua lontananza, migliore, idealizzato. Può valere la pena fermarsi a riflettere un attimo anche su questi aspetti.

A prescindere dalla risposta, il mondo delle Polaroid ha tutto un suo fascino, pronto a svelarsi a chiunque abbia la voglia di lasciarsi conquistare.

Di Valentina Terrani

Sono una scrittrice da quando ero nel grembo materno. Mi piace capire la vita, la cultura e la narrativa. Vedo la vita come un'opera d'arte in corso, a cui cerco di dare il mio piccolo contributo.