Gli amanti della letteratura, oltre che dalle storie raccontate nei romanzi, sono spesso affascinate dalla vita dei grandi scrittori. Cosa covavano nel loro cuore per riuscire a scrivere parole così profonde e sentite? Cosa li tormentava al punto da sondare continuamente l’animo umano alla ricerca di una risposta definitiva?

Quante volte abbiamo sognato di poter brindare con un grande scrittore e, tra un sorso e l’altro, carpire qualche suo segreto. Il grande Hemingway, per scrivere qualcosa che davvero valesse la pena di essere letta, consigliava di “Scrivere da ubriaco e correggere da sobri”.

Lasciarsi ispirare ed entrare in un flusso narrativo condizionato da un po’ d’alcol era pratica comune a molti famosissimi scrittori. Ognuno aveva le sue preferenze, ognuno di loro lasciava la fase di editing ai momenti di maggiore lucidità ma non disdegnava un buon cocktail per aprire il flusso della coscienza narrativa.

I drink preferiti dai grandi scrittori

Se abbiamo iniziato questo articolo con una citazione di Hemingway, non è certo un caso. Il celeberrimo scrittore non ha mai tentato di nascondere la sua passione per l’alcol, anzi, ha quasi rivendicato con orgoglio la sua propensione a bere.

Si pensi anche solo alla Hemingway & Bailey’s Bartending Guide, un interessante volume che prende il nome del celebre romanziere e raccoglie i cocktail preferiti dai grandi scrittori. Venne scritto nel 2006 da Mark Bailey e illustrato (corsi e ricorsi della storia) da Edward Hemingway, nipote del grande scrittore statunitense. Sembra doveroso, dunque, iniziare questa rassegna proprio col suo cocktail preferito: il Bloody Mary, uno dei cocktail più difficili da preparare.

Il cocktail preferito di Charles Bukowski

Henry Charles “Hank” Bukowski Jr. (anche noto con lo pseudonimo di Henry Chinaski, suo alterego letterario), nel corso della sua prolifica carriera ha scritto sei romanzi, centinaia di racconti e migliaia di poesie. Sempre in compagnia di un po’ d’alcol. Il suo cocktail preferito? Un drink noto negli Stati Uniti d’America col nome di Boilermaker. Si tratta di un boccale di birra con aggiunta di uno shot di whiskey.

I poeti maledetti

Siamo in pieno 800 e scrittori come Verlaine e Baudelaire, ma anche artisti come Rimbaud, amavano consumare Assenzio. Erano, per definizione stessa di Verlaine, i poeti maledetti. Ossia quegli artisti il cui talento era incompreso e per reazione rigettavano i valori della società, conducendo uno stile di vita provocatorio, asociale e nei casi più estremi anche autodistruttivo (da cui l’eccessivo consumo di alcol e droghe) L’assenzio era una bevanda piuttosto particolare che si distingueva dalle altre perché il suo consumo era in grado di provocare uno stato di ebbrezza differente da quello indotto da qualsiasi altra bevanda alcolica. Negli anni a seguire venne l’assenzio venne infatti reso illegale perché si scoprì che provocava allucinazioni. Oggi si trova di nuovo in commercio, ma con una gradazione alcolica più bassa e senza effetti collaterali.

Pablo Neruda e il rum

Il rum, che sta alla base di cocktail molto famosi come Mojito e Daiquiri, era molto amato da Pablo Neruda, una delle più importanti figure politico/letterarie del ‘900. Addirittura venne definito da Gabriel García Márquez “il più grande poeta del XX secolo, in qualsiasi lingua”.

Il rum è l’acquavite ottenuta dalla distillazione della melassa ottenuta dalla canna da zucchero. Era comunque in buona compagnia, lord George Gordon Byron infatti scrisse:

Non v’è nulla, senza dubbio, che calmi lo spirito come il rum e la vera religione”.

Truman Capote e Colazione da Tiffany

Truman Capote divenne celebre in tutto il mondo per i capolavori ““A Sangue Freddo” e “Colazione da Tiffany”. Chissà se scrisse con l’aiuto del suo drink preferito: lo Screwdriver. Si tratta di un cocktail preparato miscelando una parte di vodka con una parte di succo d’arancia. Minimalista, elegante, diretto e raffinato, proprio come era il suo stile.

Edgar Allan Poe e l’eggnog

Edgar Allan Poe, re dei brividi, prediligeva l’Eggnog. Si narra che la famiglia Poe avesse addirittura una speciale ricetta per produrre l’eggnog. Poe amava particolarmente anche il Cognac e, proprio legata all’acquavite francese, va narrata la storia del “Poe Toaster”. Un misterioso ammiratore vestito di nero e con una sciarpa bianca una volta all’anno, per più di settant’anni, ha fatto visita alla tomba di Poe brindando alla sua salute con un bicchiere di Cognac. A seguire, lasciava poi la bottiglia sulla tomba accompagnata da tre rose rosse.  Un rito tanto romantico quanto misterioso terminato nel 2010.

E tu, con chi vorresti brindare?

Di Roberto Rinaldo

Trascorro il mio tempo nel mondo delle parole e vivo per la comprensione.