Il cinema è uno dei mondi più ammirati dalle persone, un mondo, purtroppo, diretto prevalentemente da uomini. Eppure il cinema deve la sua popolarità e crescita alle donne. In pochi sono a conoscenza dell’importanza del gentil sesso all’interno della storia del cinema e del contesto cinematografico. Le donne hanno reso il cinema uno strumento importante grazie a due fattori: l’importanza della rappresentazione di donne non dipendenti dall’uomo e l’importanza dello shopping e dell’outfit inteso come rappresentazione di sé.
Donzelle ed eroine
Il cinema nasce il 28 dicembre 1895 grazie all’invenzione dei fratelli Auguste e Louis Lumiére. Questa invenzione, definita inizialmente senza futuro, ben presto diventa nota come settima arte, diventando una vera e propria industria, capace di raccontare storie e creare miti. Le prime narrazioni cinematografiche sono, tendenzialmente, adattamenti di romanzi o opere teatrali. Bisognerà aspettare gli anni ’20 del Novecento per avere film d’autore e d’avanguardia. Gli uomini o meglio i giovani attori, interpretavano eroi impavidi o criminali senza scrupoli. Ruoli, per l’appunto, in cui lo spettatore uomo si potesse indentificare. E la donna? Per il gentil sesso, la situazione è differente. Le attrici, fino agli anni ’30, potevano interpretare solo due tipi di ruoli: la donzella in pericolo o la donna tentatrice. Il processo di identificazione, un elemento essenziale per qualsiasi opera d’arte, avviene in modo ambiguo. Il ventesimo secolo è stato il periodo storico che ha modernizzato la figura della donna, perciò i ruoli di santa o prostituta non andavano più bene alle nuove generazioni. C’era bisogno di qualcosa di nuovo, di una rappresentazione più moderna. Il cinema muoveva i suoi primi passi, quindi le donzelle degli anni ’10 e ’20 si trovarono obbligate ad identificarsi con le figure maschili e non quelle femminili. Per evitare questa crisi edipica Hollywood corse ai ripari e si adattò alle esigenze della modernità. Dal 1925 nasce la figura della flapper, sinonimo di donna indipendente (sentimentale ed economicamente) ufficialmente padrona delle proprie scelte.
Lo shopping
Perché parliamo di shopping e di cinema? Come tutti sappiamo, il glamour è un elemento costante all’interno dell’industria cinematografica, precursore di tendenze e stili di vita. Quando il cinema divenne un prodotto per le masse, nacque anche il fenomeno del divismo. La diva divenne una dea da seguire e a cui ispirarsi, non solo eticamente ma anche, se non soprattutto, esteticamente. I costumi stavano cambiando ad inizio Novecento e la grande novità fu l’introduzione del pantalone. Le flapper indossano tailleur, papillon o cravatte. Indossano, quindi, abiti maschili. Abiti che, tuttavia, sono sinonimo di un’esplosione di sensualità e femminilità senza precedenti. Nel documentario del 1995 diretto da Rob Epstein The celluloid closet, si analizza egregiamente questo fenomeno. Un cambio di direzione che portò le donne all’emancipazione tramite abiti e cappelli. Lo shopping rappresentò il primo tassello per mostrare esteticamente un nuovo tipo di donna indipendente.
La nuova Hollywood
Sin dai suoi esordi, Hollywood ha avuto una squadra di sceneggiatrici pronta a buttar giù storie di gangster, noir, amore e morte. Eppure queste figure sono rimaste troppo a lungo nell’ombra. Nonostante la prima donna regista risalga al 1896 (Alice Guy-Blanché), a lungo si è pensato che una donna non fosse in grado di dirigere un’intera troupe ed essere autoritaria. Fortunatamente, con lo sviluppo della New Hollywood negli anni ’70 e il movimento #metoo, oggi stiamo assistendo alla nascita di registe e sceneggiatrici globalmente riconosciute, pronte a dimostrare quanto il cinema sia sacralmente legato alle donne. Il cinema ha subito una forte crescita proprio grazie alla rappresentazione femminile e al suo intimo legame con il mondo della moda. Le donne sono state capaci di riappropriarsi di sessualità e indipendenza grazie ad un paio di pantaloni e grazie alla celluloide che scorre nelle cabine di proiezione.